
Sesso, violenza, goliardia dadaista. Il tutto confezionato da tre alieni provenienti dal piccolo pianeta “Culo Culo”, del sistema di Sirio, costellazione del cane gigante. La loro missione? Salvare la terra e l’intera razza umana attraverso la musica. Investiti dai monaci cosmici di questa missione, hanno assunto il nome PoiL, consigliati dai loro scienziati in un lunedì mattina: PoiL (pelo in francese), un nome che chiunque sulla Terra avrebbe sentito vicino.
Questa è la delirante atmosfera in cui ci si trova catapultati, questa è una giornata tipo nella testa di Antoine Arnera (tastiere e voce), Boris Cassonne (basso e voce) e Guilhem Meier (batteria e voce), i tre Lionesi che si celano dietro il pelo in questione. Un’orgia di generi che si mescolano tra loro: il Punk che sposa il Jazz mentre copula con la “musica da camera”, il tutto sotto l’occhio vigile del Cabaret, dell’Hard Rock, del Progressive e del Funky; Frank Zappa & Charlie Chaplin featuring Frederic Chopin.
Ciò che lascia di stucco però è come il prodotto di tale potpourri non sia il caos, bensì un “disordine organico” che si snoda lungo i 34 minuti di musica divisi nelle 4 tracce di Dins o Cuol, un album senza limitazioni (nel bene e nel male) né proibizioni, arrangiato e suonato in modo ineccepibile, come solo musicisti sopraffini saprebbero fare.
A questo punto verrebbe perciò naturale chiedersi: siamo di fronte a un’opera perfetta, esaltante, definitiva? Non proprio. Dins o Cuol risulta un esercizio tecnico tra i migliori dei primi anni ’10, forse tra i migliori degli ultimi 15 anni: delirante, imprevedibile, complesso oltre ogni immaginazione. Tuttavia, come in ogni opera d’arte che si rispetti, la componente emotiva è preponderante e imprescindibile, ed è proprio in questo punto che si palesa l’unica e imperdonabile mancanza dei nostri: la tecnica esasperata ci catapulta in un mondo circense e grottesco dotato di norme e leggi fisiche proprie, condivise e accettate dai nativi, e su cui costruire usi, costumi, società. Chi non partecipa a questa realtà non potrà mai afferrarla, nemmeno nei suoi aspetti più elementari, rimanendo angosciato, spaesato, disorientato. La reazione comune di fronte alla psicosi.
Una scissione completa tra razionalità e emotività dunque, che lo rende (senza colorare di giudizio il termine) un disco “psicotico”.
In alternativa potremmo trovarci di fronte a dei Dadaisti anacronistici. In tal caso, chapeau! Oppure potrebbero davvero essere alieni dal pianeta “Culo Culo”. Non potremmo chiedere salvatori migliori.
Piccola postilla alla recensione: una ghost track basata su rumori e rutti. Esilarante, ma ci aveva già pensato Barney Gumble.