
Radici cinesi ma formazione cosmopolita fanno di Yang Li uno dei nuovi talenti del fashion provenienti dalla terra del sol levante. Da Pechino, dove è nato, passando per l’Australia dove è cresciuto e ha imparato l’inglese, fino ad arrivare a Londra, dove si è trasferito per studiare il mestiere dello stilista, e poi gli stage com Gareth Pugh e Raf Simons. Un mix di ispirazioni e influenze provenienti dai diversi continenti che fanno di lui l’astro nascente del fashion design francese.
Nel 2010 lancia la sua prima collezione, fatta di un mix di influssi culturali; ciò che indossi identifica la tua appartenenza a un gruppo e la massima espressione di se stessi è quella che passa attraverso i vestiti. Le scarpe che scegli, il modo di portare un paio di pantaloni dicono chi sei.
Nel suo lavoro non si riscontra mai un riferimento diretto alle origini cinesi, ma la sua identità è sempre presente, le radici, così come l’aspetto fisico, non si possono cancellare. I richiami e le allusioni sono appena accennati e rappresentano un legame inossidabile di sangue.
In una fase in cui gli stilisti asiatici spopolano negli Stati Uniti e portano con sé una ventata di innovazione, in Europa, Li sfrutta il fatto di essere una novità per andare contro corrente e proporre qualcosa di diverso, che abbia l’energia e la forza di un giovane stilista. Sceglie di puntare sulla qualità e sul design.
E così, le silhouettes minimaliste tipiche degli anni Novanta prendono vita attraverso costruzioni double-face (una tecnica complessa che intreccia due tessuti differenti e li tiene legati con un filo finissimo piuttosto che con una cucitura), tessuti tecnici di ispirazione sporty e forme allungate. Come se non fosse abbastanza, Li sovverte le convenzioni mischiando dettagli realizzati sia a macchina che a mano e cucendoli sullo stesso indumento.
Li veste una donna moderna, forte e indipendente, che non ha bisogno di essere presa per mano e condotta nel mondo. I suoi capi sono funzionali e adatti a questo intento, raramente vedrete fronzoli, ornamenti superflui o accessori inutili, tutto è ideato per uno scopo ben preciso. Ciò che spicca è una predilezione per la monocromia e una propensione per i non-colori e i colori primari.
Le linee sono pulite e disegnano una femminilità appena accennata; una schiena scoperta, una cintura che stringe il punto vita, un top che lascia intravedere la pelle nuda. È la donna il centro del suo interesse e l’essenza del suo lavoro ma sembra essere sempre in bilico tra due nature: quella femminile e quella più androgina, fatta di giacche tuxedo, ampie camicie e bermuda al polpaccio.