Changing Places: Santi Oliveri

Esiste un momento per fotografare ed uno per vivere, con questa frase Santi Oliveri ci apre le porte del suo mondo fatto di immagini e non solo.

Classe 1982, italiano d’origine oggi vive e lavora a Marsiglia, Francia. Artista, fotografo e curatore d’arte, porta avanti con successo progetti personali in cui continua a narrare se stesso dietro un obiettivo fotografico.

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A che età hai cominciato a fotografare? Ricordi qual è stato il tuo primo scatto?
Ho ricevuto in dono dai miei la mia prima macchina fotografica a 7 anni, una Fuji DL-7, che ho ancora. Essendo mio padre appassionato, si respirava in casa aria di fotografia. A quell’età, più che di passione credo si possa parlare di emulazione. Così iniziai a fotografare quello che farebbe qualunque bambino di 7 anni, cioè tutto ciò che di bello mi vedevo intorno.

Preferisci un mondo a colori o in bianco e nero?
Tra le mie letture fondamentali c’è senz’altro Kandinskij, nelle sue teorie il colore ha un’importanza fondamentale nel suscitare emozioni.

Tra i miei preferiti ci sono Ghirri e Gursky, due autori in cui secondo me il colore da veramente qualcosa in più.

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Changing Places. Come mai questa scelta, quasi maniacale, di ritrarre edifici traslati da finestre socchiuse, appartamenti vuoti e luci notturne. Che cosa vuoi comunicare? Parlaci di questo progetto.
Tutto è partito dalla Cité Radieusedi Le Corbusier qui a Marsiglia. Non mi è mai piaciuto il suo punto di vista sull’architettura funzionale né le costruzioni brutaliste, forse perché sono nato tra il barocco siciliano. All’inizio voleva essere un po’ una sorta di denuncia del fallimento corbusiano che ci ha portato ad inondare le periferie di quartieri dormitorio con i loro pollai a misura d’uomo. Una volta però stampate le immagini e viste ingrandite mi sono stupito ed in qualche modo divertito a ritrovarvi un’umanità all’interno di ogni appartamento. Le famiglie personalizzano lo spazio colorandolo con le tende, vivono i balconi per una sigaretta, una telefonata, dei panni stesi. Alla fine vince l’uomo sulla gabbia di cemento che gli costa una vita di sacrifici.

Dove e quando sono state scattate queste foto?
Le foto sono scattate tra il 2010 e il 2012 principalmente tra Marsiglia, l’Italia e la Croazia.

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Quale macchina fotografica usi? Analogico o digitale?
Ho diverse macchine fotografiche, principalmente delle medio formato a pellicola 6×6 o 6×9, ma anche due reflex digitali di cui ho intensione di disfarmi. Il digitale che mi aveva appassionato in un primo tempo, ha finito per stufarmi ed ora scatto prevalentemente a pellicola, come nel 2001 quando iniziai ad interessarmi seriamente alla fotografia. La pellicola mi obbliga a scattare di meno e meglio: io non sono da istante decisivo, la mia è una pratica riflessiva, ho tutto il tempo che voglio. Ma queste sono opinioni strettamente personali, alla fine si tratta di un mezzo, quindi i discorsi sulle macchine mi interessano fino ad un certo punto.

Sei anche curatore ed insegnante di fotografia presso la galleria Vol de Nuits di Marsiglia. Cosa consiglieresti a chi è alle prime armi?
Di capire essenzialmente che non si è alle prime armi con una macchina fotografica, ma che si è alle prime armi con la fotografia. Che la fotografia è una disciplina che richiede impegno e passione. Non si compra un flauto per il solo gusto di soffiarci dentro, così come non basta suonare delle note a caso per dirsi avanguardisti. Nella fotografia come nella musica, bisogna prima confrontarsi con degli schemi rigidi i quali, una volta compresi, possono essere piegati e ripensati per dar vita ad una creazione originale.

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Tra Italia e Francia esistono divergenze nell’assorbire e promuovere un’immagine, e tradurla in emozione?
La differenza sostanziale è che in Francia la fotografia ha uno status artistico ben definito, con le sue strutture, le sue istituzioni. Basti pensare che le più importanti scuole di fotografia sono pubbliche. Come in ogni disciplina parallela al mondo dell’arte, i network di conoscenze a volte giocano più dei meriti oggettivi dell’artista. Diciamo che in Francia è forse più facile entrare a far parte di questi network.

Oggi la fotografia è onnipresente, basti pensare a fenomeni come Instagram. Secondo te come sta cambiando il ruolo del fotografo?
Non si può negare il fatto che oggi la fotografia sia diventata invadente e che la produzione di immagini tenda a moltiplicarsi all’infinito. Tutto ciò ha reso la fotografia qualcosa di veramente effimero. Alla fine la fotografia non è altro che un linguaggio ed io non metto allo stesso livello un tweet ed un verso di un sonetto di Shakespeare. L’educazione all’immagine andrebbe insegnata di pari passo con la letteratura, in modo da poter permettere a tutti un discernimento tra l’immagine effimera e quella immortale (tanto è vero che abbiamo smesso di usare il verbo “immortalare”).

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Raccontaci una tua giornata tipo, quanto dedichi alla fotografia, che cosa succede attorno a te?
Fortunatamente, riesco a non pensare ossessivamente alla fotografia tutto il giorno pur lavorando in questo campo. Esiste un momento per fotografare ed uno per vivere. Se c’è un tipo di fotografo che disprezzo è quello che vive costantemente con un gingillo appeso al collo. Di giorno mi occupo della galleria e delle relazioni con le altre gallerie, incontro artisti e galleristi, mentre la sera insegno. Più raramente, quando sento che è momento per farlo, mi dedico alla creazione delle mie immagini.

Un fotografo che senti particolarmente vicino alla tua sensibilità estetica?
Come dicevo sopra Andreas Gursky ed essenzialmente tutta la scuola di Düsseldorf. Trovo che il loro modo di coniugare documentazione e sensibilità estetica abbia segnato un’intera generazione di fotografi.

Una mostra che hai visto recentemente e che ci consiglieresti?
Sono stato pochi giorni fa alla Maison Européenne de la Photographie a Parigi e c’era un’interessantissima retrospettiva sulla fotografia in Francia dal 1950 al 2000. Quello che mi ha colpito di più è stato il fatto di trovare tra Cartier Bresson e Jeanloup Sieff delle foto pubblicitarie di anonimi, mi è sembrato un bellissimo gesto di riconoscenza.

Mostre e progetti futuri?
Proprio qualche giorno fa c’è stato il vernissage di una fiera d’arte contemporanea a Marsiglia alla quale ho partecipato con alcune foto tratte da Changing Places. Alcune riviste pubblicheranno dei portfolio su questo lavoro nei prossimi mesi ed una mostra qui a Marsiglia è in cantiere per settembre 2013. Ma quando si è impegnati a valorizzare il lavoro degli altri, credimi diventa proprio difficile ritagliare uno spazio per mostrare il proprio.

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Vi lasciamo come di consueto con il suo portfolio personale, www.santioliveri.com