Lo streetwear di Moss: tra Pop-Art e IPhone

Sfatiamo il falso mito e allarghiamo l’orizzonte dello streetwear. Siamo a Brooklyn, culla della musica hip hop, dove le crew più spietate non dormono mai e dove non basta indossare cappucci neri e felpone per essere uno di loro.

Shahed Serajuddin parte proprio da qui, dalla cultura urbana come motrice di tendenze e stili di vita; l’intento del suo brand newyorkese Moss – nato appena due anni fa, nel 2010 – è quello di scrostare la patina troppo luccicante sedimentatasi negli ultimi anni, di ridurre l’inclinazione all’overdressed e all’eccesso di un (non) gusto fintamente bad, costellato da cappellini, teschi e catene.

Un progetto che prima di tutto vuole avvicinarsi ai suoi consumatori, accompagnarli e indirizzarli verso una giusta meta. Ecco che il look book della collezione FW2012-13 non solo è ambientato nei punti iconici del quartiere, ma realizzato totalmente tramite l’obiettivo dell’IPhone 5, oggetto simbolo del nostro tempo.

Immagini “instagrammate” che tutti sarebbero in grado di scattare e in cui tutti possiamo facilmente riconoscerci. L’influenza arriva dritta dalla Pop-Art: così come durante la metà del secolo scorso Warhol celebrava la merce strabordante del boom economico, nell’attualità Moss rende un omaggio aggiuntivo ai beni di produzione di massa, o meglio, alla tecnologia divenuta elemento integrante del quotidiano. La scelta dei modelli si scontra con le consuetudini ricorrenti: Heem (Himanshu Suri) e l’hype man Ashok Kondabolu – compagni di classe del fondatore, nonché componenti del neogruppo Das Racist – non hanno di certo fisici statuari, eppure incarnano alla perfezione l’humour e l’anima del rap.

Niente fotografi, studi costosi o adoni ultraterreni, proprio come si suppone essere il vero streetwear. Moss coglie la moda di strada nel senso più letterale del termine, andandola a descrivere nel suo habitat naturale: sullo sfondo intravediamo il ponte di Brooklyn, l’East River, l’angolo di negozietti alimentari, giardini e murales, mentre in primo piano emergono le creazioni coloratissime del marchio.

Grafiche tribali, ghirigori aztechi e motivi polkadot divengono estrosi tatuaggi di stoffa, riprodotti su maglioni, t-shirt e varsity jacket. Le felpe richiamano l’arte warholiana attraverso la reinterpretazione della lattina di Campell’s nella stampa Alphabet City Soup, ma anche la bottiglia di birra, ripetuta su magliette e shorts, ricorda nuovamente le icone di consumo degli anni ’50.

In parallelo alla volontà di infondere un’immagine di marca accessibile e comprensibile da tutti, il sito web di Moss si rivela semplice e interattivo; non mancano i contatti social, né tantomeno la pagina dedicata allo shopping online, dove possiamo cimentarci a individuare il mix d’ispirazione, tra la New York anni ’90 e il movimento pop-artistico. A voi la visita: www.mossclothing.com