Kelsea Kosko, shards of motifs

Voler fotografare Tolstoj: Kelsea è certamente sorprendente nelle sue risposte.
Kelsea Kosko, classe 1993, è una giovane e promettente fotografa americana (Florida) e quello che più colpisce nel leggere le sue risposte è la sua consapevolezza, il sapere chi è e quali sono le proprie caratteristiche, i propri limiti, le proprie passioni, soprattutto in un’età in cui non è ovvio esserlo. Così nascono le sue fotografie, al limite tra una giovinezza naif e immatura e un passaggio obbligato all’età della ragione, tra immagini da sogno e quotidiani istanti di bellezza intensa.
La seguiamo in questo modo, tra i ricordi di infanzia, la madre, i suoi album e progetti per il futuro.

Se dovessi descrivere la tua fotografia con tre parole, quali sarebbero?
Shards of motifs.

Qual è il tuo primo ricordo legato alla fotografia?

Vedere gli album di mia madre, di quando viveva alle Hawaii e in California è stato quello che più mi ha legato alla fotografia, che mi ha spinto a scattare, soprattutto per quel che riguarda l’aspetto più diaristico.

Sono sempre stata una che doveva conservare ogni ricordo, momento o esperienza: tutto quello che avesse un significato per me. In passato l’ho fatto scrivendo, che scrivessi diari o storie era lo stesso. La fotografia è un altro modo di ricordare, in un modo che si avvicina più all’arte; penso che mi abbia aperto molte porte, dal momento in cui ho capito che in quel modo potevo salvare così i miei ricordi.

Quando hai iniziato scattare foto? Hai seguito corsi o sei autodidatta? Practice makes perfect?

Non ho iniziato che qualche estate fa, quando mia madre mi ha passato la sua Minolta 35mm – allora ho iniziato a unire la magia dello scattare foto alla mia vita. Avrei preferito iniziare prima.

Comunque sì, negli ultimi due anni ho studiato fotografia al liceo: è stato essenziale per capire come lavorare con le pellicole, sviluppare e manipolarle in camera oscura.

Qual è la tua attrezzatura? Analogico o digitale?

Uso soprattutto la mia Minolta, ma ho già provato a scattare con una grande varietà di formati, dalle polaroid al medio formato. Ultimamente ho usato abbastanza spesso la Yashica 120, ha qualcosa di antico.

Uso anche una Canon Rebel T2i, come scialuppa si salvataggio nel caso che la pellicola di sciupi prima di svilupparla, e la uso anche per qualche breve video.

Spesso ritrai una giovinezza intatta e felice. Cosa ami di questo tema e chi sono i tuoi modelli?

Fotografo ragazzi perché so, e adesso lo so bene, che è quello che mi riesce meglio. Spero che il mio lavoro cresca, cambi, nello stesso modo in cui io crescerò.

Il mondo dice che la gioventù è immatura, la gioventù è ingenua, e forse è vero, ma per me questa è l’età migliore perché non vivremo mai con così tanta intensità, mille volte più intensa di come non saremo mai più.

Fotografo amici, compagni di classe, figli dei vicini, chiunque sia vicino a me e mi intrighi nell’aspetto e nella personalità. E mi rendo conto che chi voglio fotografare spesso è chi è maggiormente elusivo e enigmatico, con cui è difficile entrare in contatto, ed è per questo che scrivo ancora.

Qual è il tuo mondo attraverso l’obiettivo?
Certe volte è esattamente quello che sono portata a notare intorno a me, altre volte consiste in scene e situazioni evanescenti, che creo per me stessa.

Mi piace scattare dopo aver letto qualche libro o qualsiasi cosa si stia studiando a letteratura, e cercare poi di ritrarre i personaggi femminili descritti in una luce contemporanea.

La fragilità, la vulnerabilità: sono i temi che ricorrono nei miei lavori, anche senza che lo voglia, riflettendo una mia inclinazione.

Se potessi scegliere una persona, una celebrità o un mito del passato, insomma chiunque, chi sceglieresti?

Tolstoj o Biggy Smalls.

Cosa fai quando non scatti?

Pubblico Alorika Mag, un progetto che porto avanti dal gennaio 2011, o vado a Blind Pass, una delle mie spiagge preferite. Cerco di godermi gli ultimi momenti con i miei amici prima di partire e separare le nostre strade. È un periodo strano per chiunque, tra i senior. E i ragazzi stanno per iniziare il college e cercano di capire chi sono, e nessuno sa.

Chi c’è nel tuo immaginario? Artisti, registi.

Ce ne sono troppi! Vediamo con chi ho una connessione in qualche modo più evidente, chi sono le mie influenze più forti. Direi: Mucha e Waterhouse (i miei artisti preferiti), Miyazaki che rappresenta la mia infanzia, poi il realismo magico di poeti come Neruda e poi aggiungerei anche la mitologia. E per la musica, che per me è importantissima: Mgmt, Teebs, Black moth, Telescopes, The Brian Jonestown Massacre; canzoni che sono piene di un immaginario astratto e fondamentale per me. Questo è il tipo di musica che mi ispira.

Quali sono i giovani fotografi che dovremmo seguire?
Michal Pudelka, Sharon Gong, Paulina Surys e Megan Tipps: preparati, innovativi e tosti.

Kelsea in una canzone e in un libro

Per la canzone direi Islands di Cat Power o Smokey ring for my halo di Kurt Vile: semplici e (un po’) cupe.

Mi identifico poi con Masha de La felicità familiare di Tolstoj, o con Le storie di Eva Luna di Isabelle Allende.

Il suo sito www.kelseakosko.com