I ricordi di Giulia Muraglia

Giulia Muraglia in arte MuraGlia g. vive a Cagliari in Sardegna, ha frequentato il liceo classico e adesso studia lingue.

Come ti sei appassionata alla fotografia?
Hai presente gli album di famiglia in cui ci sono le foto che ti ritraggono da quando sei molto piccolo,
che ti fanno vedere come sei cresciuto e che se sei fortunato, includono anche le foto dei tuoi genitori, dei tuoi zii e dei tuoi nonni quand’erano giovanissimi?
A me è sempre piaciuto moltissimo sfogliare gli album dei ricordi, dei miei ricordi e dei ricordi della mia famiglia, di mia mamma e di mia zia, anche di quei ricordi che non sono miei insomma e che non potrebbero mai esserlo perché non li ho vissuti.
Mi piace comunque guardare le foto dei loro ricordi come se fossero miei, come se avessi vissuto anch’io quei momenti perché è grazie a quelle foto che posso immaginare e ricostruire.
Tra le foto dei ricordi della mia famiglia ci sono foto stupende, scattate da mio zio.
Devo essere onesta, oltre ai colori delle foto di zio, che mi hanno sempre affascinato parecchio, quello che mi ha sempre colpito è stato lo sfondo sfumato, non ho mai capito come ci riuscisse sino a che non ho scoperto la sua vecchia reflex e il resto vien da sé.

Dove trovi ispirazione per la tua fotografia?
Ovunque.
In tutte le persone che amo e in tutte le cose che amo, in quelle che non conosco ma vorrei conoscere.
Nelle cose che voglio ricordare.
Negli scatti delle altre persone.

Alcuni dei tuoi fotografi preferiti?
Kim Thue Johansen, i suoi soggetti sono insuperabili ed il suo bianco e nero non ha pari.
Ira Chernova, .unsuono. (Alessandro Villa), Patric Shaw, .david terrazzas., may the circle remain unbroken, glidia (Marta Vespa), Grosslizard (Costanza Carta), [V]ortice (Valentina Sarritzu), micmojo. La lista è veramente molto, molto lunga.

Analogico o digitale?
Devo rispondere per forza digitale, non ho scampo.
Digitale perché è quello che uso e che so usare di più purtroppo, ma mi piacerebbe da morire imparare bene a scattare con l’analogica e soprattutto, cosa fondamentale, imparare a sviluppare.
Ho avuto la possibilità di vedere come si sviluppa in camera oscura ma quello è un mondo che io non conosco.
Ho un debole per la brillantezza dei colori della pellicola e per la grana dell’analogico e una delle cose che mi piace della vecchia fotografia è che le foto, posso starne certa, dureranno per generazioni, mentre con le stampe in digitale non so per quanto l’immagine resterà sulla carta senza sbiadirsi o chissà che altro e poi non mi fido troppo dei file e dei computer se devo dirla tutta.

Cosa fai quando non fotografi?
Passo la maggior parte del tempo su Photoshop.
Un film, un libro, una canzone.
Mi chiamo Sam.
La brevità della vita, Seneca.
Because the night, Patti Smith.
La tua prossima sfida?
Non ne ho idea.