Fast or Die. Alex Fakso per 55DSL

Alex Fakso è un fotografo metropolitano.
L’urbe lo affascina, come tutti i personaggi che la popolano, così diversi di giorno e di notte.
È soprattutto nelle ore serali che Alex trova la sua ispirazione, quando le ombre calano e la città diventa teatro di uno spettacolo che va in scena completamente al buio. Protagonisti sono i writers, abitanti clandestini di tunnel, gallerie, carrozze di treni e metropolitane e da sempre i soggetti preferiti degli scatti di Alex. Il suo obiettivo immortala la velocità, l’adrenalina, la paura, regalandoci la testimonianza di una cretività illegale.
Tutto questo è Heavy Metal, primo libro di Alex Fakso e raccolta fotografica di tanti momenti vissuti con il cuore in gola, sempre pronti a correre.
Gli angoli più bui non sono scuri del tutto: sono semplicemente meno illuminati: è quello che sostiene Alex, e questo pensiero probabilmente è ciò che lo ha spinto a viaggiare negli ultimi cinque anni, dagli States al Giappone, alla ricerca degli stessi momenti vissuti da altre persone oltre che dai writers, e di quel colore nascosto nel buio, fra i chiaroscuri.
Fast or Die è il libro che raccoglie le immagini di questa esperienza: 60 shots che raccontano le banchine, i tunnel, le strade, le stazioni di tante città, diverse l’una dall’altra.
55DSL, sempre attento a tutte le forme d’arte che narrano il sottobosco urbano, presenta il libro con un tour e un progetto speciale: sei t-shirt, sei istantanee tratte dal viaggio fotografico di Alex.
Abbiamo incontrato Andrea Rosso, direttore creativo di 55DSL, e Alex Fakso al Diesel Store Planet di San Babila, in occasione della tappa milanese del tour, per fargli qualche domanda su questa collaborazione.


Una nuova collaborazione per 55DSL. Da dove nasce questa volta?

Andrea Rosso: Io e Alex ci conosciamo già da un bel po’, siamo entrambi di Bassano del Grappa. Mi sono sempre piaciute le sue fotografie, come quelle del libro precedente, Heavy Metal. Parlando così, un giorno, ci siamo detti “Cavolo, non sarebbe male fare una cosa insieme!”. Alex mi ha spiegato i suoi progetti, ed è nata questa collaborazione con 55DSL. Sono contento che ci siamo riusciti!

A portare avanti il progetto è Studio55. Che cos’è?

A.R: Studio55 è una cosa che è nata a Londra, grazie ai ragazzi che lavorano lì e che hanno creato uno spazio all’interno del concept store di Newport Street dove dare la possibilità a grafici, fotografi, artisti, di esprimersi, ognuno con la sua tecnica. La casa madre, in Italia, ha poi sposato questa iniziativa; è sempre lì che una settimana fa Alex ha presentato il suo libro, affiggendo wallpaper con le sue foto sui muri del negozio.

55DSL nel ruolo di un moderno Mecenate?

A.R: L’arte visiva a me è sempre piaciuta molto, che si tratti di fotografia, graphic design o di qualsiasi altra forma di impatto visivo, mi ha sempre incuriosito. Mecenate non penso, perché non credo che un artista diventi famoso grazie a 55DSL, ma mi fa piacere che insieme si crei o si sia creata qualcosa. Se possiamo esprimere insieme qualcosa o condividere un progetto, ben venga! Mi piace molto di più l’idea di collaborare: gli artisti sono davvero tutti differenti, ognuno ha esigenze diverse dall’altro, ma a me piace la sfida, anche se collaborare con Alex è stato fin troppo facile. Alex, inoltre, aveva già esposto all’interno di una collettiva ospitata dal negozio di 55DSL in Ticinese nel 2003.

60 scatti, sei t-shirt. Come sono stati scelti quelli da riprodurre?

Alex Fakso: È stato abbastanza difficile, perché io non racconto delle storie nelle mie foto, ma scatto e racconto un’immagine singola. Il mio intento è di creare una foto diversa dall’altra, rappresentare situazioni completamente differenti. È stata dura, ma ce l’ho fatta; mi sono preso un po’ di mesi per riguardare le foto, selezionare, riguardarle, ri-selezionarle, guardarle ancora. Quelle riprodotte sulle t-shirt sono state scelte esteticamente, mi sono immaginato una t-shirt e se era portabile con un certo tipo di foto ed ho scelto quella.

Le parole chiave della fotografia di Alex Fakso sono immediatezza, azione, estremo, selvaggio, crudezza. Come 55DSL fa suoi questi concetti?

A.R: Io non penso che 55DSL faccia propri questi concetti, sono molto personali di Alex e di quello che fa. Però le immagini e il modo che lui ha di rappresentarle ci piace, ci interessa, sebbene il progetto sia interamente suo.

Live fast, die young. Too fast too live, too young too die. Nel tuo libro Fast or Die qual è l’anello di congiunzione fra il concetto di velocità e il concetto di morte?

A.F: L’espressione si riferisce a un momento specifico della vita di una persona, perché di solito più diventi grande e più metti sale in zucca. Penso si tratti di quella parte di giovinezza, spensieratezza e innocenza, portata all’estremo ovviamente; in un certo senso anche il libro che ho fatto ritrae questo periodo, un’età molto giovane, dove i problemi non ci sono: i ragazzi pensano solo a fare quello che vogliono senza curarsi troppo delle conseguenze.

Anche 55DSL si rifà spesso al concetto di velocità. Correre tanto, verso dove?

A.R: Correre. Noi di 55DSL corriamo sempre quando dobbiamo preparare le collezioni, perché abbiamo dei tempi che purtroppo sono troppo stretti. Penso per voi sia lo stesso quando il vostro magazine deve andare on-line: i tempi sono sempre ridotti, finisci l’articolo all’ultimo secondo. I tempi sono brevissimi per fare una t-shirt, per esempio! Nonostante ciò, riusciamo a prenderci del tempo anche per noi stessi, ma ci piace fare così tante cose, e per farle tutte e assorbirle bene non c’è altra soluzione che andare sempre più veloce.

55DSL è sempre più correlato alle culture underground e al mondo dell’arte. Lo sviluppo naturale di una tua passione?

A.R: Proprio perché io non mi sento un artista, anzi invidio molto certe fotografie, certi disegni che vedo in giro, perché non ho le capacità e invece mi piacerebbe molto farli, allora cerco di dare spazio a chi crede nell’arte. Io ci credo con loro e provo a far trasparire la mia passione attraverso quello che gli altri hanno da presentare.

La limited edition nasce per collezionisti e pochi intenditori. Il mercato di oggi, però, abusa di questo concetto. Non si rischia di banalizzarlo?

A.R: Dipende, perché per certi artisti fare 10mila t-shirt è un’offesa, sarebbero troppe e il capo perderebbe la sua esclusività, quindi in linea con quelle che sono le nostre esigenze come azienda ne facciamo mille. Noi cerchiamo il giusto compromesso con l’artista che vada bene anche a noi per una questione di numeri.

Sempre a proposito di nicchia, da ex-writer come giustifichi il passaggio della street-art dalla strada a contesti più istituzionali?

A.F: Non bene, nel senso che pochi artisti riescono a rimanere originali all’interno delle gallerie, dopo che sono passati per la strada. Molti hanno cavalcato l’onda, hanno preso come scusa che “Adesso è il momento della street-art, quindi si fa qualcosa in strada”; poi vanno nelle gallerie e si dimenticano tutto quello che hanno fatto. Il discorso è che il nome stesso dice street-art perché la fai in strada, nel momento in cui la porti in un altro contesto, spesso perde significato. Fai conto che in media su dieci artisti se ne salvano due, il resto è spazzatura, perché non accetto che un writer stravolga il suo stile in base a dove crea l’opera. È come dire che un pittore fa un tipo di pittura e quando fa una mostra ne fa un’altra, senza ragionarla, solo per convenienza.

È cambiato il tuo punto di vista da protagonista a testimone delle situazioni che rappresenti? Se sì, come?

A.F: Il punto di vista è diverso, ma in realtà non sono mai stato un personaggio da fotografare. Ho sempre visto le situazioni dall’esterno e poi ho preso la mia decisione di fotografare e documentare questo tipo di ambiente.

Le tue fotografie ritraggono spesso soggetti in contesti estremi. Quale sarà la tua prossima sfida?

Ne ho una, però devo aspettare per raccontarla! L’idea c’è ma prima devo realizzarla e poi ne parlo. Chi vivrà, vedrà.