Robert Mapplethorpe al C/O Berlin

Varcata la soglia e superato l’ingresso, guardando i corridoi sgangherati dell’edificio non ci si aspetterebbe di intraprendere un tale viaggio nell’opera di uno dei più controversi artisti del ventesimo secolo.
Siamo a Berlino alla mostra del fotografo statunitense Robert Mapplethorpe. Personaggio attivo nell’area di New York, iniziò a cimentarsi nella fotografia nel 1970, quando entró in possesso della sua prima macchina fotografica, una Polaroid. Verso la metà di quegli anni la sua area di interesse era rappresentata dalla scena omossessuale e sadomaso newyorkese, é cosí che inizia a ritrarre amici e conoscenti appartenenti al mondo dell’arte, cosí come a quello della pornografia. Piú tardi l’attenzione di Mapplethorpe si concentra sullo studio delle anatomie, sia maschili che femminili, in veste classica, ma si dedica anche a nature morte floreali e ritratti di personaggi illustri del mondo dell’arte e della musica.

La prima sala del museo ospita una serie di polaroid degli inizi della sua carriera, ed é seguita da quella dedicata a Patti Smith, qui la rock star e amica di una vita dell’autore è la protagonista di svariati, celebri  foto-ritratti.
Ci troviamo poi nella sala degli autoritratti, e se la prima fotografia che si staglia davanti alla soglia d’ingresso rappresenta lui in una posa scioccante, quelle in fondo alla stanza, decisamente più sobrie, lo ritraggono nell’anno precedente alla sua morte, visibilmente segnato dalla malattia.
La sala Sex è di certo una di quelle di maggiore impatto, dove si trova l’emblematico trittico costituito da due nudi maschili con al centro uno specchio. Da quest’opera si evince la concezione dell’artista di spettatore inteso come voyeur e non solo, secondo Mapplethorpe infatti, chi guarda le sue fotografie sottostà al “regime of the gaze” , ossia l’effetto psicologico di proiettare se stessi e la propria identità su un soggetto esteriore.

Passiamo davanti ad immagini con in primo piano genitali maschili in varie pose; nonostante il soggetto sia sempre l’organo sessuale, è sminuito a mero strumento e quasi ridicolizzato, la sua connotazione erotica viene meno. In queste foto ,infatti, sembra essere raffigurata una natura morta piuttosto che il simbolo della virilità.
Entriamo poi nella sala parallela, Flowers, dove i fiori, grazie alla luce e  all’inquadratura, rendono lo scatto iperrealistico, riuscendo ad essere più comunicativi e più vivi dei soggetti precedenti, le piante sembrano rappresentare spaccati di umanità, alcune appaiono estraniate e solitarie, altre abbandonate e lascive. La disposizione delle sale potrebbe suggerire la contrapposizione tra fiori antropomorfi e peni-oggetto.

Degna di menzione è anche la sala Bodies and Sculptures in cui si evince un altro obiettivo di Mapplethorpe, cioè inquadrare soggetti dello scenario erotico ed omosessuale in contesti tipicamente classici.
Così vediamo un attraente ragazzo nero ricordarci una Venere senza braccia o un giovane prestante in posa come il Discobolo di Mirone.

Il merito di questo fotografo è stato l’abilità di saper decontestualizzare un simbolo, come può essere ad esempio un nudo femminile, e riuscire attraverso i suoi scatti ad attribuirgli una connotazione nuova ed inaspettata, dimostrando inoltre come il concetto di oscenità sia dipendente dalle convenzioni sociali.

Un artista che merita di essere conosciuto, una mostra che merita di essere vista.

Dal 22 Gennaio, fino al 27 Marzo é in corso al C/O Berlin una retrospettiva su Robert Mapplethorpe, maggiori informazioni www.co-berlin.info