
Ecco a voi un nuovo blog: si chiama Plastic Choko ed è il contenitore personale di Silvia Bergomi, giovane stilyst e fotografa freelance.
Plastic Choko è una zona franca, uno spazio vergine all’interno del quale Silvia ci racconta il suo lavoro, le sue esperienze e i suoi viaggi attraverso immagini (fatte da lei stessa), parole e poesie che introducono molti dei posts.
La sua vita viene resa disponibile a tutti coloro capitino in questo sito ed è bello/interessante osservare (seppur indirettamente) cosa le succede, dove va e cosa le piace. All’interno del blog tutto è reso attraverso i suoi scatti dal gusto vintage, che donano un’aurea affascinante a quello che viene vissuto e ci fanno venire voglia di accompagnarla nelle sue avventure. Abbiamo virtualmente incontrato Silvia e le abbiamo posto alcune domande, per conoscerla meglio e per capire quanto avere uno spazio tutto per sé sul web sia importante anche per il suo lavoro.
Età?
Ventisette.
Professione?
Stylist, PR & consulting per Dead Meat, blogger, fotografa freelance.
Dove vivi?
Milano.
Quando e perchè hai deciso di aprire il blog?
Nel 2007, con un’amica. Seguivo vari blog di foto ai party: LA, NY, Londra. Ho pensato di fare la stessa cosa in Italia, con i miei amici e i miei posti. Da lì il passo allo street style, poi alla moda, infine alla fotografia. Ora lo considero una sorta di diario su quello che faccio. L’obiettivo primario rimangono le immagini, di cui ogni volta tento di alzare la qualità, e la moda ovviamente.
Con che frequenza lo aggiorni?
Una volta a settimana, più o meno.
Che riscontri stai ottenendo?
È apprezzato, le persone lo ritengono bello, sia per i contenuti che per le scelte stilistiche. Mi ha aperto tante porte.
Qual’è il target a cui il tuo blog si riferisce? Il tuo utente medio chi è?
Non saprei, è vario. Non solo donne, non solo ragazzine sicuramente.
Come e dove trovi il materiale su cui scrivi?
Come dicevo, tutte le foto sono sempre scattate da me. Ora ha l’impronta del diario personale; racconto le mie esperienze lavorative, condivido le immagini dei posti in cui vado, ritraggo le persone che mi interessano…
Quello che scrivi rispecchia il tuo gusto personale, oppure effettui le tue scelte solo in base alla novità e originalità di quello che vedi?
Entrambe le cose, non credo prescindano, almeno nel mio caso.
Quanto tempo ti occupa gestire il tuo blog?
Ora molto meno di quello che dovrebbe, ma presto arriveranno i rinforzi.
Il blog solo come passione oppure credi che possa diventare qualcosa di più?
È già qualcosa di più, nonostante questo è sempre rimasto una passione.
Cosa pensi del fenomeno dei blog? Possono influenzare un settore?
Certo che sì. Lo fanno già da un po’. Anche se, come è logico, la qualità spesso lascia posto ad altro; i contenuti alle volte sono ridicoli, i commenti tanto numerosi quanto inutili. Ma chi sono io per giudicare?
In cosa il tuo blog si differenzia dagli altri?
All’inizio, e per un bel periodo, facevo street files. In Italia eravamo in pochi, pochissimi. Quando mi sono accorta che le persone ritratte erano sempre le stesse a tutte le fashion week, che al di là dello sfondo o del commento personale le differenze non esistevano, e che il numero degli street style bloggers cresceva in maniera esponenziale, ho sentito l’esigenza di evolvere. Ora il mio intento è quello di creare contenuti con taglio più editoriale e di offrire ai miei lettori qualcosa che possono trovare solo in Plastic Choko. Gli argomenti sono personali, unici, parlano di moda ma non sono imbrigliati nello schema moda.
Blog italiani e blog stranieri. Ci sono differenze?
Tanto quanto ci sono differenze tra cultura musicale italiana e cultura musicale straniera. Provate ad andare in un qualsiasi supermercato di Londra e fate caso alla colonna sonora. Tentate di fare la stessa cosa in un “Dì per Dì”o in un “Carrefur” a Milano.
Possiamo tranquillamente dire che sei un’operatrice del settore moda. Quanto e come è importante, in questo momento, avere un proprio spazio sul web in cui riversare tutte le proprie idee?
Il web è il primo biglietto da visita, per la moda come per qualunque prodotto di comunicazione. Inevitabile fatta esclusione per pochissime realtà. Più che importante, è un punto di partenza.
Progetti per il futuro?
Styling. Estero. Djing.