Adam

Mio padre diceva sempre che io ero il Piccolo Principe ma, dopo aver conosciuto Adam, ho capito che sono sempre stata il pilota.
Adam è un bel ragazzo di quasi trent’anni. Alto, moro, con gli occhi verdi. Adam è un ingegnere elettronico che realizza giocattoli in una fabbrica, nonostante la sua più grande passione sia l’astronomia. Adam è un tipo schietto, sincero e spesso inopportuno. Non ha paura di calarsi da una finestra con una tuta da astronauta indosso, non ha problemi a ricreare nel proprio soggiorno di casa la riproduzione di una porzione di spazio.

Adam è malato, afflitto dalla sindrome di Asperger, una forma di autismo che non permette di far comprendere al soggetto le intenzioni del prossimo, al di là delle apparenze. Ma soprattutto: Adam ha una nuova vicina, la scrittrice di favole per bambini Beth Buchwald, che abita al terzo piano del suo stesso condominio e che ha il delicato volto di Rose Byrne (la Briseide di Troy, per intenderci). Che viene colpita ed affascinata da quest’uomo, così fuori da ogni schema e convenzione, che la spiazza e la sorprende. E’ una storia di zucchero filato e caramelle gommose quella che unisce e divide i due protagonisti, che fa cariare i denti e sorridere di malinconia. Fino alla fine i due cercheranno il modo per stare bene insieme, cosa mai facile, per nessuno. Personalmente rimango sempre colpito da questo genere di personaggi con una spiccata sensibilità, da questi principi moderni che riescono, anche nel più banale degli scorci, a trovare tracce di poesia.

Il film, diretto da Max Mayer e presentato con successo al Sundance Film Festival (ha vinto il premio Alfred P. Sloan, come film a tematica scientifica), vede protagonista assoluto il sorprendente Hugh Dancy che si è avvalso sul set della collaborazione di un medico specialista, per interpretare, nel modo più credibile possibile, la malattia da cui è afflitto il suo personaggio. Il risultato è un film godibilissimo ed un protagonista, Adam, che, ci scommetto, vi resterà addosso come sale d’estate.